CAPITOLO 3
PING (PLINK) - PONG (BONK)
I segreti del nulla, capitolo 3 (foto dal musical Priscilla) |
Il
1996 è un momento assai felice e fecondo. A soli ventidue anni tutti gli eventi hanno su di
me un impatto emotivo totalizzante ed io ero sfacciatamente
assetata di esperienze, a caccia della mia storia. Spesso mi capitava di andare
a ballare restando in giro fino all'alba, assaggiando senza pregiudizi tutte le
discoteche di Milano, da quelle più "in" tipo Le Cinema
a quelle più alternative come il Leoncavallo, fino a quelle più "maranza" tipo
il NumberOne
o a quelle più perverse come il Plastique, scorpacciando diversità.
La
fauna notturna mi era irresistibilmente affascinante: per me a quell'ora tutti
diventavano più veri del vero, dei se stessi all'ennesima potenza, ed io morivo
dalla voglia di far parte di quell'allegra ammucchiata di energetica
giovinezza. Grazie alle perversioni di nonnetto, poi, ero letteralmente rapita
dalla bellezza di tutte quelle bamboline esotiche erotiche, quindi me ne
andavo in giro irrequieta come una vespa, piccola e incazzata, pregna della mia
nuova ossessione preferita che non mi lasciava libera di godere quelle notti di
miele,
melassa e fiele.
In
discoteca era sempre la stessa solfa: a metà serata, dopo l'ennesimo fianco
rotante in faccia e l'inspiegabile abbordaggio persino alla mia vicina cessa,
me ne andavo in bagno a specchiarmi per vedere per qualecazzo di motivo non ero
degna neppure di uno sguardo. O mi era caduto il naso o i miei capelli erano
aspidi assetati di sangue umano… Poi però nello specchio trovavo soltanto una
bamboletta insicura, le guance rosse per la foga e un velo di occhiaie per il
troppo alcol. Niente naso mancante e nemmeno una biscia. Non capivo e diventavo
triste, non ero poi così male, perché allora? Immancabilmente a quel punto si
popolava di giunoniche bonazze che mi spingevano via a culate per affollarsi
allo specchio a sistemarsi chi il rossetto, chi la riga di coca.
In
quelle occasioni nonnetto s'intristiva, sentivo che questo rituale del bagno lo
faceva sentire davvero in colpa. Uscita di lì diventavo ancora più invisibile,
tornavo in pista e mi sfrenavo ad occhi chiusi e coi capelli sulla faccia per
non vedere più quel mondo di cui non riuscivo a far parte. A complicare
l'integrazione c'era poi il mio pessimo rapporto con le droghe: non solo non le
vedevo come una chance di "sentire", nel senso cardiaco del termine,
ma non mi facevano neppure sballare, anzi. In tutto avevo provato a fumare tre
canne. Dopo la prima ho montato l'igloo attorno al water per dieci giorni, con
la seconda ho vomitato il latte materno e alla terza canna la paresi alla
faccia si è risolta solo dopo una settimana.
Una
sera me ne stavo lì a ballare per conto mio come sempre, quando arriva un tizio
che inizia a farmi il filo. Non ci potevo credere! E non era nemmeno cesso! Si
avvicina e si mette a ballare proprio di fronte a me, mi fa una rapida
tomografia assiale, prende il giroseno con un metro da sarta, mi soppesa il
culo, conta le otturazioni e poi si rilassa, addirittura mi sorride, dice ciao!
Tutta soddisfatta per il mio primo abbordaggio in discoteca ricambio subito il
sorriso e lui, alla "a" del mio ciAo
m'infila in bocca un extasy, me la chiude con un bicchierino di vodka e mando
giù.
Ussignùr,
penso subito, tu vuoi vedere che… ma non faccio
neanche in tempo a formulare il pensiero che nonnetto mi scaraventa fuori e
come un drago infoiato parte ad ululare dalla MIA bocca e si scatena in mezzo
alla pista con il MIO corpo. Ricordo che quella notte sono rimasta per ore a
guardarmi dall'alto mentre il vecchio agitava le MIE chiappe su 'sta pista a
scacchi bianchi, scambiando lo spacciatore di cale per un punching ball e
incedendo in oscene avance saffiche che si concludevano o con una grandinata di
ceffoni o con qualche linguatina divertita.
Rientrata
in me dopo una dormita pantagruelica, mi sveglio col vecchio nelle orecchie che
non ha
mai smesso di cantare una nenia pornografica di sua invenzione,
facendomi venire un gran mal di testa. La voglia è quella di vomitarlo nel
bidet assieme alla vodka di ieri sera.
Lui
invece canticchia e scoreggia nei timpani, costringendomi a vagare da una
stanza all'altra in cerca di un cicchetto di idraulico liquido
per finirlo.
Mia
madre a quel punto decide di interrompere la consueta visione di Buona Domenica
per sottopormi all'altrettanto consueto terzo grado post-nottem, sarà forse per
la puzza di fumo che mandano i capelli, sarà forse per il mio alito al
topicida, sarà che sono stropicciata come una mutanda usata o che
non ho toccato né la pasta al sugo né gli involtini? Io però reggo, reggo mentendo come
una consumata attrice del Piccolo di Milano.
Dopo
dieci minuti di stronzate circa una serata in birreria a discutere di teosofia
comparata con la confraternita dei frati scalzi, ari-mento dicendo che mi
scappa da scrivere, che sono assai ispirata e che quindi devo andare
assolutamente di là in cameretta, che stavolta mi esce per lo meno la divina
commedia. Chiudo la porta e mi strofino le mani sulla faccia, nonno ha smesso
di cantare, forse 'sta maledetta domenica sta per finire, mi giro verso lo
specchio e vedo lo
stramaledettissimo alienonno che cerca di sbucare dalla pancia.
Gli
prendo la faccia per ricacciarlo dentro, ti pare il momento, sono ridotta uno
straccio!, ma il vecchio è cocciuto e furbo, si squaglia dalla pancia e
s'infila nella mano destra, tento una collutazione con la sinistra ma lui mi dà
uno schiaffo e tira fuori dal cassetto l'agenda di vera finta pelle. Stavolta
sa dov'è, l'ha messa via lui. Sfoglia rapidamente per trovare una pagina libera
dopo il Giglio e BRIVI, s'accorge di aver scordato la stilografica. Io mi sto
giusto riprendendo dal ceffone. Tastona per terra alla ricerca della penna, poi
mi indica con l'indice di badare bene dal contrastarlo e s'infila nello zaino
di scuola, acchiappa il pennino (lo sapevo!), io con la sinistra glielo spezzo
e lancio l'inchiostro giù dalla finestra, lui mi pizzica la
guancia a sangue, agguanta l'astuccio, ravana tra i pennelli e scova la stilo.
Mi butta in terra a pancia in giù, parte a razzo. Stavolta 11 minuti, ventidue
secondi e sette primi, smaltite vodka ed extasy.
Dopo
aver scritto l'ultima parola, però, nonno mi accarezza la guancia offesa. Leggo
PING (plink) PONG (bonk) mentre mi asciuga le lacrime con quella
sua vecchia mano nodosa.
PING (PLINK) PONG (BONG)
“ Eri un’aquila librata nel cielo
Eri un cielo nuvoloso
Eri qualcosa che non sapevo raccontare”
Eri qualcosa che non sapevo raccontare”
Dino Donatiello
“CIAO”
come sei bella,
stasera, sei bella proprio come tutte le volte che ti guardo....profumo profumo profumo meraviglioso profumo di donna piacere amore amore e sofferenza ma profumo dolce
delicato silenzioso
dai
capelli dalle dita, dal collo dalle
labbra dagli occhi OCCHIGRIGI come
il vuoto che mi congela quando ti guardo occhi labbra occhi
incontenibile
brucia fa male soffoca
io
soffoco ma Occhigrigi belli grigi
lucidi disarmanti disarmanti Occhigrigi lo sai. Sono spento perso debole mi sento morire e
bruciare morire e
bruciare sotto il tuo
sguardo
grigio
come la fragile
lucidità che m’avanza.
Muoio e brucio, il cervello
si svende al cuore che
soffoca e lo stomaco
si masturba sospeso non sapendo se
ti mangerò o berrò il tuo sangue,
non sa se digerirti o tacere e si masturba sospeso e gravido di vuoto aspettativa perchè sei bella e profumi.
“COME SEI....” incredibilmente “......BELLA STASERA
“
“ALLORA ANDIAMO A......“ fare l’amore scopare morire piccolo fiorellino
esotico erotico
“ .....A.....“
baciarci leccarci a
“....NDIAMO.”
******
Ti porto a ballare
signorina Occhigrigi, per rubarti la notte che colora i capelli, per baciarti
con lo sguardo mi giro
ti guardo
ti bacio?
sei bella sorrido sorriso sorriso falso
che ti sto rivolgendo voglio
piangere morire fra le tue
gambe, tutto ma non
sorridere adesso che sto
male e non lo sai, soltanto perchè profumi
come dovrebbe profumare la mia donna.
Gente confusione moda
uomini donne promiscuità luci
bianche bionde, musica dietro quella
porta da bunker mi giro e sei bella, bella come dovrebbe essere la
mia donna, come mi guardi con quegli occhi grigi. Cosa significa amicizia
tenerezza comprensione, forse pena curiosità mai amore
Mai....
Chissà com’è il tuo
sguardo innamorato (chissà il
mio) cretino, il milionesimo
cretino che inciampa nella tagliola del tuo sguardo grigio imbecille innamorato ai tuoi piedi.
“Io amo la vita semplice delle cose
quante passioni vidi sfogliarsi a poco a poco,
per ogni cosa che se ne andava.
Ma tu non mi comprendi e sorridi
......”
G. Corazzini
Sorridi sorridi sorrisi e i tuoi occhi sono puntati dritti
sulla mia agonia, ma tu sorridi. Posso contare i tuoi dentini, vorrei
baciarli tutti, vederli tutte la mattine in fila dietro labbra semichiuse addormentate sorridi sorrisi ma io non posso sorrido poco poco e male. Chissà quale ghigno sgraziato ti sto rivolgendo fiorellino esotico erotico Occhigrigi sorrido poco e male con occhi lucidi e tu
non sorridi più. Mi dispiace
mi dispiace
non esser vivo come
sei tu come vorresti tu maledizione dolore
sempre solo dolore dolore
mi dispiace non
sorridi più.
“..............
e pensi che io sia malato”
G. Corazzini
Non voglio sentire
dalle labbra di questi personaggi di tendenza i commenti volgari sul tuo corpo,
sulla tua bellezza. Non voglio sentire parole di fiorito slang italiano
sfiorare la figura precisa la linea voluttuosa dei confini
corporei e vorrei avere il
coraggio di far ingoiare
quegli sguardi compiaciuti, ricacciarli in fondo all’intestino che li
partorisce con queste mani fragili sottili, capaci soltanto di strofinare
inchiostro su fogli vergini ignari dei graffiti senza senso senza colore.
Mani che vorrebbero
sfiorare la pelle di questa creatura divina
dagli Occhigrigi, mani che vorrebbero raccontare calore
dolore invece subisco la tua
presenza viva Occhigrigi e mi lascio ferire senza
pietà dalla vita vivace che profuma
la tua persona, i tuoi giorni allegri
giorni, che vivi senza graffiare, lasciandoti accompagnare dalla passione
che la vita stessa ha deciso di regalarti lasciandoti lontana ignara dalle angosce che dividono
invece la mia in una parte concreta
destinata a fallire,
e in una parte
disperata destinata
a morire
per le incongruenze
che i giorni decidono di sottoporle.
Mi guardo attorno
soffro dolore e dolore
lascio che gli sguardi
divertiti mi vestano con gli abiti del
poveraccio fortunato,
fortunato perchè si porta a spasso questo fiorellino esotico erotico dai
petali grigi e vergogna vergogna da nascondere nell’asfalto bagnato irregolare grigio per non essere all’altezza, non essere
alla tua altezza Occhigrigi, grigio asfalto
bagnato
ospita i tuoi piedini
chiusi nelle scarpette alla moda. Vorrei baciarli, contare la dita in fila sotto lenzuola
umide di sonno baciarli e baciarli
ancora,
ma ridono
ridono
sfacciati crudeli
elitari, destinatari del mondo
vero, del mondo cui appartieni
anche tu Occhigrigi, e ti vedo
mentre capisci i loro sguardi, sorridi ai complimenti ridondanti che ti
lasciano percepire forse anche tu ridi di me ridi di me dolore
sofferenza se ridi di me, mentre prometti al tuo sorriso bianco e
preciso di non capitare più dentro gli imbarazzi per colpa di un amico povero di grazia commerciale, bello come una macchia di
sugo su un vestito di seta bianco
ma
soltanto (dolore) rigurgita disperato, asfalto dove nascondere lo sguardo
sconfitto. Bagnato asfalto grigio, Occhigrigi, come sei bella. Quanto ti
amo
quanto mi odio. Non sono capace di essere come te, Occhigrigi, ora puntati dritti
sul mio imbarazzo sorridi sorridi perchè non puoi che sorridere, non puoi
che sorridere essere felice,
perchè sei Occhigrigi e lo sai,
sai che gli altri, che
tutti lo sanno. Non puoi
che sorridere, non puoi che essere felice della
vita che profuma la tua pelle, puoi anche sorridermi perchè di gioia, di amore,
ne hai quanto ne vuoi, ne hai anche
troppo, ne hai
anche un po’ per me per sorridere guardando il mio imbarazzo sorridi sorridi sorridi così bene, fai così
male perchè non posso che
amati di più soltanto perchè
sorridi Occhigrigi soltanto perchè sei Occhigrigi e non basta tutto
questo profondo distillato amore a distogliere i
brandelli d’anima dall’amarti in
maniera così totale vitale addirittura felice sorridi
sorridi
sorridi
sorridi Occhigrigi
come loro, come tutti.
Vi lascio sorridere tutti
di me o per me
perchè tanto.......
“.................
ma tu non mi comprendi e sorridi
e pensi che io sia malato”
G. Corazzini
(girogirotondo
casca il modo,
la terra
tutti giù
per terra.)
entriamo
bevi bevo
alcol superalcol super bere per bene così. Su di giri
Occhigrigi bevi bevi scalda di più la bella tua
vita bevi bevi piccolina, fammi vedere come
sono gli Occhigrigi quando
brillano tra i colori alcolici.
Fammi vedere il viso
diventare caldo, lasciami toccare l’ebbrezza di questa
notte in cui io, io solo
io
fanculo a tutti, IO,
sono il tuo accompagnatore, tu il
mio fiorellino
esotico erotico.
Poi ci penso io a
riportarti a casa
sana e salva, sana e salva
da tutti, lontana dalle mani della gente, degli uomini che fanno promesse stolte interessate senza senso.
Dettate dalla legge masturbata di un pene sovrano,
lontana dalle promesse cariche di vuoto che si gonfiano in una notte,
proprio quando le stelle stanno a guardare e
vedono il tuo seno baciato da labbra bugiarde,
che ti promettono il destino il destino che annega in un mare di sperma sterile, i
l destino in una promessa fallita ridondante di assenze,
di ci sarò se lo vuoi, ci sarò se mi vuoi, quando vorrai.
E che finiranno dimenticate tra gli spaghetti al dente in una cena tra amici.
Quando si racconta della bella Occhigrigi appesa per i capelli come un trofeo,
e sarai Regina in una camera da letto,
Regina tra le tenebre soffocanti di un desiderio ansimante,
e quando aprirai per la prima volta quegli occhi luminosi come la luna
sull’asfalto delle rigidità del possesso mancato,
urlerai al silenzio. A nessuno.
A chi ti ha lasciata sola.
Proprio quando ti aspettavi un principio,
proprio quando sarò sdraiato nel mio letto a sognare il tuo profumo
sul corpo orgoglioso di un altro uomo.
Non potrò consolare il tuo pianto
e mi girerò sull’altro fianco a toccare altra solitudine
mentre le tue lacrime grigie bagneranno il dolore
con altra liquida sofferenza.
E la mi promessa di custodirti lontano dalla tristezza,
sarà vuota come le promesse di chi ti ha incantata
col sogno di un futuro.
sana e salva, sana e salva
da tutti, lontana dalle mani della gente, degli uomini che fanno promesse stolte interessate senza senso.
Dettate dalla legge masturbata di un pene sovrano,
lontana dalle promesse cariche di vuoto che si gonfiano in una notte,
proprio quando le stelle stanno a guardare e
vedono il tuo seno baciato da labbra bugiarde,
che ti promettono il destino il destino che annega in un mare di sperma sterile, i
l destino in una promessa fallita ridondante di assenze,
di ci sarò se lo vuoi, ci sarò se mi vuoi, quando vorrai.
E che finiranno dimenticate tra gli spaghetti al dente in una cena tra amici.
Quando si racconta della bella Occhigrigi appesa per i capelli come un trofeo,
e sarai Regina in una camera da letto,
Regina tra le tenebre soffocanti di un desiderio ansimante,
e quando aprirai per la prima volta quegli occhi luminosi come la luna
sull’asfalto delle rigidità del possesso mancato,
urlerai al silenzio. A nessuno.
A chi ti ha lasciata sola.
Proprio quando ti aspettavi un principio,
proprio quando sarò sdraiato nel mio letto a sognare il tuo profumo
sul corpo orgoglioso di un altro uomo.
Non potrò consolare il tuo pianto
e mi girerò sull’altro fianco a toccare altra solitudine
mentre le tue lacrime grigie bagneranno il dolore
con altra liquida sofferenza.
E la mi promessa di custodirti lontano dalla tristezza,
sarà vuota come le promesse di chi ti ha incantata
col sogno di un futuro.
Vuota come il mio
letto.
Vuota come il tuo
letto.
Occhigrigi, io non ci
sarò mai perchè stasera darai la
buonanotte al mio
destino.
Buonanotte, bambino solitario.
Sogna la tua fata Occhigrigi
mentre riempie di magia
e notti di uomini che bruciano in un letto che porta il tuo odore.
e notti di uomini che bruciano in un letto che porta il tuo odore.
Bevi, ti prego e cancella con un soffio alcolico l’ingiustizia del mio paranoico
pensare acido
amaro
Oblio
dimenticanza.
“VADO UN ATTIMO IN
BAGNO”
cammino
cammino nella
musica buio, gente che balla.
Gente che bella bella gente manichini robotizzati al ritmo underground del tam tam. Richiamo selvatico di guerra alla guerra. Lascio il campo di
battaglia, al ritmo underground del
tam tam, Signor Capitano. Sono un disertore, fuggo in direzione nordovest, destinazione: Bagno degli Uomini.
Terra del Piscio
Perduto. Destinazione
diserzione. Destinazione
dimenticanza. Abbandono. Oblio. Leggerezza, euforia, socialità, Signor Capitano. Dovrebbe provare a lasciar perdere
per una volta
lasciar perdere nel senso di lasciare che
avvenga la sconfitta la disfatta,
Signor Capitano.
Lasci perdere, lasci perdere me,
nel senso di lasciarmi smarrire nella Terra del Piscio
Perduto. Parlerò all’oracolo dell’immagine riflessa sulla porta
e domanderò domanderà la via per il party del mio
cervello. La porta della Chiesa, la Terra del Piscio Perduto, il
bagno degli uomini perduti, Signor
Capitano.
Porta blu,
dentro rosso, porta del
cesso. Entro. Chiudo.
Puzza di pipì, acqua santa a benedire con dolcezza
miele melassa fiele
che tarpano le
ali, mie ali, che non possono aprirsi in volo,
per colpa del
miele melassa fiele
Io
io potrei
ma
miele
melassa e fiele
appiccicano le
ali. Loro, perchè io se solo io sono posso se
soltanto io fossi
non pensare
tacere imbavagliare il cervello zitto
pietà ZITTO!
Non giustiziare altre
parole senza beneficio del
dubbio, senza beneficio di un processo che analizzi l’atto stesso del pensare. Quanto sia inutile pensare a cosa poi, a chi, perchè.
Che senso ha.
Appoggiato sulla
porta in piedi su gambe leggere, ossa
cave, come gli
uccelli, le ali, le
ali le ali appiccicate alla
schiena, la schiena
che regge la porta, la porta
che tiene chiuse le ali. Mi volterò a guardare
l’impronta di miele fiele che le ali avranno lasciato. E qualche inutile piuma morta a testimoniare il volo, il mancato volo in caduta
libera
verso la tazza del cesso. Di un angelo senza dio, che credeva di essere un angelo e si è inventato un paio di moncherini cui ha appiccicato le
piume rubate da un cuscino, incollate col miele melassa fiele con cui
poi si è giustificato per non saper volare
via.
Ma non varrebbe
rubare migliaia di
ali se non si nasce per
librarsi sopra la gente, se si nasce per
strisciare nella polvere nel
fango incapace di capire che il confine dell’amore risiede nell'ultima membrana della pelle, senza capire che tra un
corpo e l’altro
trascorrono milioni di emozioni abbracciate da troppo freddo.
E che amare, cristo,
amare.........
è irradiare senza aspettative e gratificarsi col proprio
inesprimibile sentire.
Amare e irradiare
amare e irradiare
quando assorbire
significa gonfiarsi di
appagamento che
stanca,
alla lunga stanca.
Senza via di scampo,
quando irradiare significa consumarsi nella tensione
nell’evasione che brucia
brucia e brucia brucia
Alla lunga, senza via di scampo. Equilibrio, armonia, sinergia. Illusione di incontrarsi nel
mezzo. Fruire e defluire, onde
e risacca dare e avere. Soltanto nausea nausea per l’offensivo destino mutante
di ogni passione umana,
destinata ad
affievolirsi e mutare,
diramarsi perdersi
inoltrarsi scivolare inciampare sempre verso un mare avido
ingordo di esperienze, avido irrinunciabile mare mare, soltanto acqua e sale e offendere la gola di chi
ha sete.
Acqua e sale
Una pastiglia
Dottore, mi dia una pastiglia
per digerire la vita.
Un analgesico per far
passare
il male di vivere. Un lassativo per scaricarmi dalla merda che
mi opprime.
Piccola e bianca. Come, ce l’ho già? Ce l’ho proprio in tasca, ce l’ho proprio qui in tasca, nella tasca dei jeans, Signor
Dottore! Amaro, un sorsetto di alcol, denso pieno, amaro e via inizia il viaggio caro water, mi senti? Mentre tu te ne
starai lì, inchiodato, a raccogliere merda dai
forestieri, io torno da
Occhigrigi, ci stai? Lo sai?
Porta d’uscita, porta blu.
Tizio, un tizio mi cammina di fianco simile simile, simile
uguale.
Sono io, che
stupido uno specchio mi
giro, sono io, sono io, mi
riconosci? Ciao io, ciao me, come sto stai ti diverti sei carino ti piace ti piaci? Guarda guardami guardati.
Guarda guarda!
Punta gli occhi dritti
in fondo alla pupilla. Vedi per
caso qualcosa, non vedi
per caso un barlume
grigio, uno schizzo di cervello? Guarda. Guarda le
fiamme che lo divorano e ti
fanno parlare con lo specchio delle
mie brame. Chi è il più stronzo del reame? Tu caro mio sei
fesso, e ti consiglio di restare nel cesso.....
perchè fuori
dalla Terra del Piscio
Perduto ci sono faccende che
neanche quello che hai nel cervello ti impedirà di vedere.
C’è Occhigrigi, ma la graziosa
creatura possiede forma colori e pensieri che le consentono di
esistere alla grande. Tu sei soltanto un paranoico, mezzo filosofo, mezzo
stronzo,
fallimentare. Perchè la tua coscienza
no
stammi a sentire
no
ascolta la tua
coscienza
premurosa
no
quando ti dice
no
di svegliarti
dall’apatia
no
dall’agonia
ma non servirà dire no
perchè
capire, è capire
capire
no
sì,
capire ogni cosa
oltre la
comprensione,
no?
E raspa e annaspa
no
raspa e annaspa, raspa e
annusa
no!
Raspa e annaspa sotto la crosta e scopre (no)
lo sai cosa scopre? No?
Scopre grumi di sangue infetto, malattia sofferenza, banalità, squilibri, inettitudine, divergenze
carenze
no.........
E i tuoi occhi vedono
Chiusi e chiuderli non servirà.
Guarda, guardami, guardati.
Cosa sei cosa sei
cosa sei cosa sei guarda guarda sorridi, mostra i denti, punta lo sguardo, ridi, ridi della tua coscienza ridi. Ridi. Guarda, guardami, guardati, guarda. Ora basta. Basta!
“Stasera vengo da te
credo di poter dire
stasera
un treno lungo un’anima
di foglie trascolorate secche
e di vacche al pascolo
e mi suicido che sembra sera
in questa collina di creta
una fermata prima
e tu che passeggi nervosamente
una fermata dopo
consultando freneticamente l’orologio
e giurando di andartene
trascorso il quarto d’ora accademico”
Dino Donatiello
Sei sono ancora qui. Sei tu quello sono io questo sei tu questo sono io quello. Ma in fondo che male c’è, non credi, io
credo di sì. Occhigrigi adesso starà salutando il futuro domandandosi distrattamente nella pausa di un sorriso se il suo singolare accompagnatore
esiste davvero. .....?
Ma guarda guardami guardati nello specchio, sai cosa c’è c’è
c’è che ci sei ci sono
ci siamo.
Ci
siamo.
Credi sia la resa dei
conti, credi sia il
momento delle verità, quando i giocatori scoprono le carte e chi vince e chi
perde si porta a casa
almeno
la coscienza di ciò che è avvenuto. Ma qui, sai sai sai cosa c’è? Cosa non c’è. C’è che ci sei ci
sono, ci siamo.
E non è la resa di nulla, non è il momento delle verità.
È soltanto un attimo prima, come un attimo dopo. Poi più nulla. Come un
dispetto, gonfio di disappunto,
che si ripete
e ride
ride
ride sorride sghignazza
ride
come Occhigrigi, Occhigrigi. Lei, là
fuori. Nella guerra, nella terra della guerra, della vita della moda. A far girare la testa a far girare il mondo, altri mondi, che non sono il
mio, che non
sono io. Io che giro la testa per
guardare uno sconosciuto
che mi cammina di fianco, e guardo per scoprire che quello sconosciuto sono io. Che io sono soltanto uno sconosciuto. Per me. Per lo
specchio. Per Occhigrigi e chiunque e non potevo capitare meglio nella Terra del
Piscio, Piscio Perduto, di cui
sbarazzarsi. Io, Lei di là. Lontana
anni luce, immersa nelle
luci luci lucci
lucci argentati che nuotano attorno al suo sorridere, diva
primadonna ma sempre e solo
una donna. Il mio desiderio assediato da occhi di coloro diversi, perchè anche se mi
sembra di essere
salito sullo stesso tuo treno, abbiamo sbagliato il tempo. Anche se
siamo qui, in qualche
modo assieme, in qualche mondo divisi, in due terre
separate. Tu sei in mezzo ai lucci che nuotano attorno al tuo sguardo, io in mezzo alle mie paranoie a parlare a me stesso
di fronte ad uno specchio che fa lo stronzo con me, nella Terra del Piscio
Perduto.
Solo.
Ancora una volta
solo, anche se pensavo
(pensare, che sublime idiozia)
pensavo che sentirsi soli, davvero soli, singoli, pieni
autocomprensivi, significasse
star bene bene, con chi ami.
Invece, mi sembrano
soltanto invenzioni di
un mancato che si diverte a stupire.
Ma adesso che la mente è soggiogata, stanca vola via, nell’ingorgo del lavandino
sotto le mie dita, non
esistono variopinti
universi di solitudine che dicono
star bene star bene con se stessi e star bene con gli
altri,
star bene con
Occhigrigi, una
farfalla in bianco e nero che d’un tratto vola via dal fiore umido perchè appassito, perchè ha smesso di
stupirsi del profumo diverso che nasconde il puzzo della morte, il rigurgito
della coscienza,
che invece stupisce ancora e per questo grida, si dispera
nella solitudine
incapace, incapace di qualsiasi conforto, quando cercare dentro significa
trascurare fuori, incapace di
gioire della solitudine perchè
semplicemente è soltanto
solitudine,
niente da dire,
niente da commentare, neanche Occhigrigi, bella bambolina vezzosa. Fiorellino esotico erotico.
Fiorellino erotico e basta.
Forse io ti amo,
perchè sei tu
la capacità di vivere
faccende concrete, pane e
quotidianità, vanità e dolci
certezze. Ed
io, non senti non
senti il battito poetico del mio cuore
malato di vita......
Lascia che io recida
lo stelo,
lasciami il potere di avvizzire il tuo turgore,
per aver bevuto la linfa, il segreto del tuo giocoso esistere. Lasciami scoprire,
ubriaco di vita,
che il tuo sacrificio vale
soltanto un giorno, una notte,
o nemmeno un minuto, e
poi.......... verso altre vie vite
analizzare,
spremere inquadrare studiare costruire
omologare,
omologare e
codificare
affinché tutti chiunque o nessuno capisca comprenda le mie parole le mie
parole le
mie parole.
Guarda, guardami
guardati
guarda
ciò che
vedo vedi
è ciò che
vedi vedo
soltanto un gioco per
immagini
di parole.
Un attimo rima adesso che è già passato tra un
attimo.
Un Racconto di Daniela Paola Aglione
“PRODUZIONE INEDITA”