mercoledì 4 marzo 2015

Ping Plink - CAPITOLO 3

CAPITOLO 3
 
PING (PLINK) - PONG (BONK)
 
I segreti del nulla, capitolo 3 (foto dal musical Priscilla)

Il 1996 è un momento assai felice e fecondo. A soli ventidue anni tutti gli eventi hanno su di me un impatto emotivo totalizzante ed io ero sfacciatamente assetata di esperienze, a caccia della mia storia. Spesso mi capitava di andare a ballare restando in giro fino all'alba, assaggiando senza pregiudizi tutte le discoteche di Milano, da quelle più "in" tipo Le Cinema a quelle più alternative come il Leoncavallo, fino a quelle più "maranza" tipo il NumberOne o a quelle più perverse come il Plastique, scorpacciando diversità.
 
La fauna notturna mi era irresistibilmente affascinante: per me a quell'ora tutti diventavano più veri del vero, dei se stessi all'ennesima potenza, ed io morivo dalla voglia di far parte di quell'allegra ammucchiata di energetica giovinezza. Grazie alle perversioni di nonnetto, poi, ero letteralmente rapita dalla bellezza di tutte quelle bamboline esotiche erotiche, quindi me ne andavo in giro irrequieta come una vespa, piccola e incazzata, pregna della mia nuova ossessione preferita che non mi lasciava libera di godere quelle notti di miele, melassa e fiele.
 
In discoteca era sempre la stessa solfa: a metà serata, dopo l'ennesimo fianco rotante in faccia e l'inspiegabile abbordaggio persino alla mia vicina cessa, me ne andavo in bagno a specchiarmi per vedere per qualecazzo di motivo non ero degna neppure di uno sguardo. O mi era caduto il naso o i miei capelli erano aspidi assetati di sangue umano… Poi però nello specchio trovavo soltanto una bamboletta insicura, le guance rosse per la foga e un velo di occhiaie per il troppo alcol. Niente naso mancante e nemmeno una biscia. Non capivo e diventavo triste, non ero poi così male, perché allora? Immancabilmente a quel punto si popolava di giunoniche bonazze che mi spingevano via a culate per affollarsi allo specchio a sistemarsi chi il rossetto, chi la riga di coca.
 
In quelle occasioni nonnetto s'intristiva, sentivo che questo rituale del bagno lo faceva sentire davvero in colpa. Uscita di lì diventavo ancora più invisibile, tornavo in pista e mi sfrenavo ad occhi chiusi e coi capelli sulla faccia per non vedere più quel mondo di cui non riuscivo a far parte. A complicare l'integrazione c'era poi il mio pessimo rapporto con le droghe: non solo non le vedevo come una chance di "sentire", nel senso cardiaco del termine, ma non mi facevano neppure sballare, anzi. In tutto avevo provato a fumare tre canne. Dopo la prima ho montato l'igloo attorno al water per dieci giorni, con la seconda ho vomitato il latte materno e alla terza canna la paresi alla faccia si è risolta solo dopo una settimana.
 
Una sera me ne stavo lì a ballare per conto mio come sempre, quando arriva un tizio che inizia a farmi il filo. Non ci potevo credere! E non era nemmeno cesso! Si avvicina e si mette a ballare proprio di fronte a me, mi fa una rapida tomografia assiale, prende il giroseno con un metro da sarta, mi soppesa il culo, conta le otturazioni e poi si rilassa, addirittura mi sorride, dice ciao! Tutta soddisfatta per il mio primo abbordaggio in discoteca ricambio subito il sorriso e lui, alla "a" del mio ciAo m'infila in bocca un extasy, me la chiude con un bicchierino di vodka e mando giù.
 
Ussignùr, penso subito, tu vuoi vedere che… ma non faccio neanche in tempo a formulare il pensiero che nonnetto mi scaraventa fuori e come un drago infoiato parte ad ululare dalla MIA bocca e si scatena in mezzo alla pista con il MIO corpo. Ricordo che quella notte sono rimasta per ore a guardarmi dall'alto mentre il vecchio agitava le MIE chiappe su 'sta pista a scacchi bianchi, scambiando lo spacciatore di cale per un punching ball e incedendo in oscene avance saffiche che si concludevano o con una grandinata di ceffoni o con qualche linguatina divertita.
 
Rientrata in me dopo una dormita pantagruelica, mi sveglio col vecchio nelle orecchie che non ha mai smesso di cantare una nenia pornografica di sua invenzione, facendomi venire un gran mal di testa. La voglia è quella di vomitarlo nel bidet assieme alla vodka di ieri sera.
Lui invece canticchia e scoreggia nei timpani, costringendomi a vagare da una stanza all'altra in cerca di un cicchetto di idraulico liquido per finirlo.

 

Mia madre a quel punto decide di interrompere la consueta visione di Buona Domenica per sottopormi all'altrettanto consueto terzo grado post-nottem, sarà forse per la puzza di fumo che mandano i capelli, sarà forse per il mio alito al topicida, sarà che sono stropicciata come una mutanda usata o che non ho toccato né la pasta al sugo né gli involtini? Io però reggo, reggo mentendo come una consumata attrice del Piccolo di Milano.
 
Dopo dieci minuti di stronzate circa una serata in birreria a discutere di teosofia comparata con la confraternita dei frati scalzi, ari-mento dicendo che mi scappa da scrivere, che sono assai ispirata e che quindi devo andare assolutamente di là in cameretta, che stavolta mi esce per lo meno la divina commedia. Chiudo la porta e mi strofino le mani sulla faccia, nonno ha smesso di cantare, forse 'sta maledetta domenica sta per finire, mi giro verso lo specchio e vedo lo stramaledettissimo alienonno che cerca di sbucare dalla pancia.
 
Gli prendo la faccia per ricacciarlo dentro, ti pare il momento, sono ridotta uno straccio!, ma il vecchio è cocciuto e furbo, si squaglia dalla pancia e s'infila nella mano destra, tento una collutazione con la sinistra ma lui mi dà uno schiaffo e tira fuori dal cassetto l'agenda di vera finta pelle. Stavolta sa dov'è, l'ha messa via lui. Sfoglia rapidamente per trovare una pagina libera dopo il Giglio e BRIVI, s'accorge di aver scordato la stilografica. Io mi sto giusto riprendendo dal ceffone. Tastona per terra alla ricerca della penna, poi mi indica con l'indice di badare bene dal contrastarlo e s'infila nello zaino di scuola, acchiappa il pennino (lo sapevo!), io con la sinistra glielo spezzo e lancio l'inchiostro giù dalla finestra, lui mi pizzica la guancia a sangue, agguanta l'astuccio, ravana tra i pennelli e scova la stilo. Mi butta in terra a pancia in giù, parte a razzo. Stavolta 11 minuti, ventidue secondi e sette primi, smaltite vodka ed extasy.
 
Dopo aver scritto l'ultima parola, però, nonno mi accarezza la guancia offesa. Leggo PING (plink) PONG (bonk) mentre mi asciuga le lacrime con quella sua vecchia mano nodosa.

 


PING (PLINK)     PONG (BONG)

“ Eri un’aquila librata nel cielo

Eri un cielo nuvoloso
Eri qualcosa che non sapevo raccontare”

Dino Donatiello

 
“CIAO”
come sei bella, stasera, sei bella proprio come tutte le volte che      ti guardo....profumo  profumo     profumo meraviglioso      profumo di donna        piacere    amore           amore e sofferenza                      ma profumo     dolce       delicato     silenzioso
dai capelli    dalle dita, dal collo dalle labbra dagli occhi      OCCHIGRIGI come il vuoto che mi       congela         quando ti guardo    occhi labbra  occhi
incontenibile     brucia       fa male                    soffoca
io soffoco ma Occhigrigi   belli    grigi    lucidi   disarmanti disarmanti  Occhigrigi lo sai. Sono spento   perso        debole                  mi sento morire e bruciare                 morire e bruciare                sotto il tuo sguardo
grigio
come la fragile lucidità che m’avanza.                          Muoio e brucio,       il cervello si svende al cuore che             soffoca             e lo stomaco si masturba         sospeso        non sapendo se ti mangerò o berrò      il tuo sangue, non sa se digerirti o         tacere         e si masturba sospeso   e gravido di vuoto  aspettativa      perchè sei bella e profumi.
“COME SEI....”      incredibilmente     “......BELLA  STASERA 
“ALLORA ANDIAMO A......“          fare l’amore scopare             morire     piccolo fiorellino esotico erotico
“ .....A.....“     baciarci     leccarci    a    ....NDIAMO.”
 
******
 
Ti porto a ballare signorina Occhigrigi, per rubarti la notte che colora i capelli, per baciarti con lo sguardo                   mi giro
ti guardo
ti bacio?
sei bella   sorrido      sorriso        sorriso    falso      che ti sto rivolgendo       voglio piangere morire fra le tue     gambe,     tutto       ma non    sorridere         adesso che sto male e non lo sai, soltanto perchè      profumi      come dovrebbe profumare la mia donna.
 
Gente confusione moda uomini donne promiscuità             luci bianche     bionde, musica dietro quella porta da bunker                       mi giro     e sei bella, bella come dovrebbe essere la mia donna,           come mi guardi    con quegli occhi grigi.         Cosa significa     amicizia    tenerezza        comprensione,          forse                    pena     curiosità             mai amore
Mai....
Chissà com’è il tuo sguardo innamorato             (chissà il mio)        cretino, il milionesimo cretino che inciampa nella tagliola del tuo sguardo grigio         imbecille                innamorato ai tuoi piedi.
 
Io amo la vita semplice delle cose
quante passioni vidi sfogliarsi a poco a poco,
per ogni cosa che se ne andava.
Ma tu non mi comprendi e sorridi
......”

G. Corazzini

Sorridi    sorridi                 sorrisi e i tuoi occhi sono puntati    dritti    sulla mia agonia, ma tu      sorridi.     Posso contare i tuoi dentini, vorrei baciarli tutti, vederli tutte la mattine in fila dietro labbra      semichiuse addormentate           sorridi      sorrisi     ma io non posso      sorrido poco    poco e male. Chissà quale     ghigno sgraziato         ti sto rivolgendo fiorellino esotico erotico Occhigrigi     sorrido poco e male con occhi lucidi e tu non                      sorridi           più.                                      Mi dispiace
mi dispiace
non esser vivo come sei   tu     come vorresti tu         maledizione     dolore sempre solo dolore          dolore      mi dispiace              non sorridi        più.
“..............
e pensi che io sia malato”
G. Corazzini
 
Non voglio sentire dalle labbra di questi personaggi di tendenza i commenti volgari sul tuo corpo, sulla tua bellezza. Non voglio sentire parole di fiorito slang italiano sfiorare la figura          precisa          la linea voluttuosa dei confini corporei e vorrei avere il       coraggio       di far ingoiare quegli sguardi compiaciuti, ricacciarli in fondo all’intestino che li partorisce con queste mani fragili sottili, capaci soltanto di strofinare inchiostro su fogli vergini         ignari                   dei graffiti          senza senso      senza colore.
Mani che vorrebbero sfiorare la pelle di questa creatura divina   dagli Occhigrigi, mani che vorrebbero raccontare      calore dolore       invece subisco la tua presenza                     viva       Occhigrigi e mi lascio ferire senza pietà      dalla vita vivace che profuma la tua persona, i tuoi giorni     allegri giorni,   che vivi senza       graffiare,       lasciandoti accompagnare dalla passione che la vita stessa ha deciso di regalarti         lasciandoti lontana ignara                   dalle angosce che dividono invece la mia in una parte concreta                                                               destinata a fallire,
e in una parte disperata                                                     destinata a morire
per le incongruenze che i giorni decidono di sottoporle.
Mi guardo attorno                                       soffro                   dolore e dolore
lascio che gli sguardi divertiti mi vestano con gli abiti del      poveraccio fortunato,         fortunato perchè si porta a spasso questo                        fiorellino esotico erotico dai petali grigi e           vergogna       vergogna     da nascondere nell’asfalto        bagnato          irregolare grigio       per non essere all’altezza, non essere alla        tua         altezza Occhigrigi, grigio asfalto bagnato
ospita i tuoi piedini chiusi nelle scarpette alla moda. Vorrei baciarli,    contare la dita in fila sotto lenzuola umide di sonno     baciarli e baciarli ancora,
ma ridono                                             ridono
sfacciati crudeli elitari,      destinatari del mondo vero,         del mondo cui appartieni anche tu      Occhigrigi, e ti vedo mentre capisci i loro sguardi, sorridi ai complimenti ridondanti che ti lasciano percepire            forse                     anche tu           ridi           di me                 ridi di me     dolore sofferenza     se ridi di me,        mentre prometti al tuo sorriso bianco e preciso di non capitare più dentro gli imbarazzi per colpa di un amico      povero di        grazia     commerciale,              bello come una macchia di sugo        su un vestito di seta bianco
ma
soltanto           (dolore)           rigurgita disperato,       asfalto dove nascondere lo sguardo sconfitto.        Bagnato asfalto     grigio, Occhigrigi, come sei bella.                               Quanto ti amo
quanto mi odio.             Non sono capace di essere       come te, Occhigrigi, ora puntati dritti sul mio imbarazzo              sorridi          sorridi    perchè non puoi che sorridere, non puoi che          sorridere essere felice, perchè sei Occhigrigi e lo sai,        sai che gli altri,           che tutti             lo sanno. Non puoi che        sorridere,             non puoi che essere felice della vita che profuma la tua pelle, puoi anche sorridermi perchè di gioia, di amore, ne hai quanto ne vuoi, ne hai anche        troppo,                   ne hai anche un po’ per me     per sorridere               guardando il mio                imbarazzo    sorridi                                   sorridi                                    sorridi così bene, fai così male                perchè non posso che amati di più             soltanto perchè sorridi               Occhigrigi     soltanto perchè sei             Occhigrigi e non basta tutto questo profondo        distillato amore a distogliere i brandelli d’anima        dall’amarti in maniera così              totale            vitale                   addirittura felice                                  sorridi
sorridi
sorridi
sorridi Occhigrigi
come loro, come tutti. Vi lascio         sorridere                 tutti        
di me o per me                                           perchè tanto.......
 
“.................
ma tu non mi comprendi e sorridi
e pensi che io sia malato”
G. Corazzini
 
 
(girogirotondo
casca il modo, la terra
tutti giù
per terra.)
 
entriamo
bevi bevo       alcol      superalcol          super bere            per bene così. Su di giri
Occhigrigi            bevi   bevi             scalda di più la bella tua vita        bevi     bevi piccolina,                         fammi vedere come sono            gli Occhigrigi quando brillano tra i colori alcolici.                 Fammi vedere     il viso diventare                 caldo,       lasciami toccare                          l’ebbrezza di questa notte              in cui io,                  io solo
io
fanculo a tutti, IO, sono il tuo accompagnatore,       tu il mio fiorellino esotico erotico.

 
Poi ci penso io a riportarti a casa
             sana e salva, sana e salva            
da tutti, lontana dalle mani della gente, degli uomini che fanno promesse stolte              interessate              senza senso.       
Dettate dalla legge masturbata di un        pene sovrano,           
lontana dalle promesse cariche di vuoto che si       gonfiano         in una notte,
proprio             quando           le stelle stanno a guardare          e
vedono il tuo           seno            baciato da labbra bugiarde,           
che ti promettono         il destino il destino          che annega in un mare di sperma                          sterile,                i
l destino in una promessa fallita ridondante di assenze,
di                ci sarò se lo vuoi, ci sarò se mi vuoi, quando vorrai.                                
E che finiranno dimenticate tra gli spaghetti al dente in una cena tra           amici.
Quando si racconta della bella Occhigrigi          appesa per i capelli       come un trofeo,         
e sarai Regina in una camera da letto,            
Regina tra le tenebre soffocanti di un desiderio ansimante,        
e quando aprirai per la prima volta              quegli occhi luminosi come la luna
sull’asfalto delle rigidità del possesso mancato,                  
urlerai            al silenzio.        A nessuno.         
A chi ti ha lasciata               sola.           
Proprio quando ti aspettavi un principio,         
proprio quando sarò sdraiato nel mio letto a sognare il tuo            profumo
sul corpo orgoglioso di un altro uomo.                
Non potrò consolare                           il tuo pianto
e mi girerò sull’altro fianco a toccare                         altra solitudine        
mentre le tue lacrime grigie bagneranno         il dolore             
con altra liquida sofferenza.                            
E la mi promessa di custodirti lontano dalla tristezza,        
sarà vuota come le promesse di chi ti ha incantata      
col sogno di un                                 futuro.
Vuota come il mio letto.
Vuota come il tuo letto.
Occhigrigi, io non ci sarò                      mai                      perchè stasera darai la buonanotte al mio                       destino.
Buonanotte,        bambino solitario.            
Sogna la tua fata Occhigrigi mentre riempie di        magia           
e notti di uomini che bruciano in un letto che porta il tuo odore.


 
Bevi,                  ti prego                   e cancella con un soffio alcolico    l’ingiustizia del mio paranoico pensare                 acido         amaro
Oblio         dimenticanza.
“VADO UN ATTIMO IN BAGNO”
cammino
cammino nella musica       buio, gente      che balla. Gente           che bella       bella gente manichini robotizzati                   al ritmo underground            del tam tam.                Richiamo selvatico di guerra      alla guerra.              Lascio il campo di battaglia,       al ritmo underground del tam tam,         Signor Capitano.           Sono un disertore,          fuggo in direzione nordovest,           destinazione: Bagno degli Uomini.
Terra del Piscio Perduto.      Destinazione diserzione.     Destinazione dimenticanza.      Abbandono.       Oblio.        Leggerezza,        euforia, socialità,       Signor Capitano.             Dovrebbe provare a lasciar perdere per una volta
lasciar           perdere            nel senso di lasciare che avvenga   la sconfitta la disfatta, Signor Capitano.
Lasci perdere,      lasci perdere        me,         nel senso di lasciarmi smarrire nella Terra del Piscio Perduto.         Parlerò all’oracolo       dell’immagine riflessa sulla porta e           domanderò domanderà              la via per il party del mio cervello.       La porta della Chiesa, la Terra del Piscio Perduto, il bagno degli uomini perduti,                                    Signor Capitano.
Porta blu,        dentro rosso,          porta del cesso.                     Entro.                 Chiudo.
Puzza di pipì,        acqua santa                    a benedire con dolcezza
miele melassa fiele
che tarpano le ali,       mie ali,                    che non possono              aprirsi in volo,                                                      per colpa del
miele        melassa          fiele
Io                                                     io potrei                     ma                     
  miele       melassa      e fiele
appiccicano le ali.           Loro,                 perchè io se          solo            io sono                  posso                                       se soltanto io        fossi
non pensare
tacere imbavagliare il cervello          zitto pietà              ZITTO!
Non giustiziare altre parole            senza beneficio del dubbio,  senza beneficio        di un processo che                   analizzi l’atto stesso             del pensare.                Quanto sia inutile pensare       a cosa        poi, a chi, perchè.                                                    Che senso ha.
Appoggiato sulla porta                      in piedi                su gambe leggere, ossa cave,                come gli uccelli,               le ali, le ali     le ali appiccicate alla schiena,                      la schiena che regge la porta,            la porta che          tiene chiuse             le ali.                 Mi volterò a guardare l’impronta di        miele fiele          che le ali avranno lasciato.      E qualche inutile                             piuma morta                  a testimoniare       il volo, il mancato volo in caduta libera                                verso la tazza del cesso. Di un angelo senza dio,           che credeva di essere un angelo         e si è inventato un paio                       di moncherini                   cui ha appiccicato le piume           rubate               da un cuscino,                 incollate             col miele       melassa          fiele                                       con cui poi si è giustificato per non saper                                     volare via.
Ma non varrebbe rubare                migliaia di ali                  se non si nasce per librarsi         sopra                la gente,                         se si nasce per strisciare nella polvere          nel fango                incapace          di capire che il confine          dell’amore risiede nell'ultima           membrana della pelle,                     senza capire che tra un corpo e l’altro           trascorrono       milioni          di emozioni            abbracciate da troppo freddo.
E che amare,                                    cristo, amare.........
è irradiare              senza aspettative              e gratificarsi col proprio inesprimibile                                            sentire.
Amare e irradiare
amare e irradiare
quando assorbire significa                   gonfiarsi di appagamento               che stanca,                                                         alla lunga stanca.
Senza via di scampo, quando           irradiare significa                      consumarsi nella tensione                                     nell’evasione che brucia
                          brucia e brucia                                       brucia
Alla lunga,           senza via di scampo.              Equilibrio, armonia, sinergia.          Illusione di incontrarsi nel mezzo.            Fruire e defluire, onde e risacca                   dare e avere.                     Soltanto nausea        nausea per l’offensivo destino mutante di ogni passione umana,                   destinata ad             affievolirsi e mutare,                 diramarsi       perdersi inoltrarsi       scivolare              inciampare            sempre verso un mare avido ingordo                di esperienze,            avido irrinunciabile           mare mare,                   soltanto                   acqua e sale e                    offendere la gola                                       di chi ha sete.
Acqua e sale
Una pastiglia Dottore,           mi dia una pastiglia per digerire la vita.
Un analgesico per far passare                                          il male di vivere. Un lassativo per scaricarmi                               dalla merda che mi opprime.
Piccola e bianca.       Come, ce l’ho già?          Ce l’ho proprio        in tasca, ce l’ho proprio qui in tasca,          nella tasca dei jeans, Signor Dottore!  Amaro,                  un sorsetto di alcol,              denso pieno, amaro        e via                     inizia il viaggio        caro water,                     mi senti? Mentre tu te ne starai lì,               inchiodato,             a raccogliere merda dai forestieri,                  io torno da Occhigrigi, ci stai? Lo sai?
 
Porta d’uscita, porta blu.
Tizio, un tizio mi cammina di fianco         simile   simile, simile   uguale.
Sono io, che stupido                   uno specchio mi giro,               sono io, sono io, mi riconosci?         Ciao io, ciao me,             come sto stai              ti diverti             sei carino               ti piace ti piaci?                              Guarda                 guardami                       guardati.
 
Guarda guarda!
 
Punta gli occhi dritti in fondo alla pupilla.          Vedi per caso qualcosa, non vedi                  per caso         un barlume grigio, uno schizzo di cervello?                    Guarda. Guarda le fiamme               che lo divorano e ti fanno parlare       con lo                                specchio delle mie brame. Chi è il più stronzo del reame?                                   Tu caro mio sei fesso, e ti consiglio di restare nel cesso.....
perchè fuori dalla             Terra del Piscio Perduto            ci sono faccende che neanche quello che hai nel cervello ti impedirà di vedere.
C’è Occhigrigi,                           ma la graziosa creatura possiede forma colori e pensieri                         che le consentono di esistere alla grande. Tu sei soltanto un            paranoico, mezzo filosofo, mezzo stronzo,      
                     fallimentare.                                     Perchè la tua coscienza
no
stammi a sentire
no
ascolta la tua coscienza                                         premurosa
no
quando ti dice
no
di svegliarti                                                            dall’apatia
no
dall’agonia
ma non servirà dire no perchè                               capire, è capire
capire
no
sì,                                             capire ogni cosa
oltre la comprensione,                                               no?
E raspa e annaspa
no
raspa e annaspa,                                  raspa e annusa
no!
Raspa e annaspa            sotto la crosta e scopre    (no)        lo sai cosa scopre?    No?
Scopre            grumi di sangue infetto,          malattia        sofferenza, banalità,                  squilibri,                    inettitudine,                  divergenze
carenze
no.........
E i tuoi occhi                 vedono
Chiusi                e                      chiuderli non servirà.
Guarda,                  guardami,                 guardati.
Cosa sei cosa sei        cosa sei         cosa sei             guarda  guarda sorridi, mostra i denti,               punta lo sguardo,              ridi, ridi      della tua coscienza        ridi.        Ridi. Guarda,     guardami,     guardati,      guarda. Ora basta.                                  Basta!
“Stasera vengo da te
credo di poter dire
stasera
un treno lungo un’anima
di foglie trascolorate secche
e di vacche al pascolo
e mi suicido che sembra sera
in questa collina di creta
una fermata prima
e tu che passeggi nervosamente
una fermata dopo
consultando freneticamente l’orologio
e giurando di andartene
trascorso il quarto d’ora accademico”

Dino Donatiello

 
Sei            sono ancora qui.         Sei tu quello           sono io questo           sei tu questo           sono io quello.               Ma in fondo        che male c’è, non credi,       io        credo            di sì.         Occhigrigi adesso              starà salutando il futuro            domandandosi distrattamente        nella pausa di un sorriso              se il suo              singolare accompagnatore      
                                             esiste davvero.        .....?
Ma guarda          guardami                guardati nello specchio,                      sai cosa           c’è                 c’è                                                 c’è che ci sei ci sono                                   ci siamo.
Ci siamo.
Credi sia la resa dei conti,                 credi sia il momento delle verità, quando i giocatori                scoprono le carte                          e chi vince e chi perde si porta a casa                 almeno                                 la coscienza di ciò che è avvenuto.                    Ma qui, sai        sai             sai cosa c’è? Cosa non c’è.                              C’è che ci sei ci sono,                ci siamo.
E non è                  la resa di nulla,          non è il momento         delle verità.
È soltanto        un attimo prima,    come un attimo dopo.                              Poi più nulla.                               Come un dispetto, gonfio di disappunto,         
                       che si ripete                                                        e ride
ride
ride                   sorride                           sghignazza
ride
come        Occhigrigi, Occhigrigi.                                   Lei, là fuori.       Nella guerra,             nella terra della guerra,          della vita della moda.    A far girare la testa                    a far girare il mondo,              altri mondi, che non sono il mio,                           che non sono io.       Io che giro la testa per guardare uno sconosciuto                 che mi cammina di fianco, e guardo per scoprire che                       quello sconosciuto sono io.         Che       io                 sono soltanto uno sconosciuto.                      Per me. Per lo specchio.        Per Occhigrigi e                chiunque                              e non potevo          capitare meglio nella Terra del Piscio, Piscio Perduto,    di cui sbarazzarsi.                  Io,              Lei di là.                                        Lontana anni luce,             immersa nelle luci           luci    lucci      lucci argentati             che nuotano attorno al suo sorridere, diva primadonna         ma                              sempre e solo                                             una donna. Il mio desiderio assediato                 da occhi di coloro                 diversi, perchè anche se mi sembra di essere                                                      salito sullo stesso tuo treno,             abbiamo sbagliato                           il tempo. Anche se siamo qui,                     in qualche modo assieme,                        in qualche               mondo divisi,                                in due terre separate. Tu sei in mezzo ai lucci che nuotano attorno al tuo sguardo,        io            in mezzo alle mie paranoie a                          parlare a me stesso di fronte ad uno specchio che fa lo stronzo con me, nella Terra del Piscio Perduto.
Solo.
Ancora una volta solo,              anche se pensavo (pensare, che sublime idiozia)              pensavo che sentirsi soli,                 davvero soli,          singoli,                     pieni autocomprensivi,            significasse star bene              bene,                           con chi ami. Invece,                       mi sembrano soltanto invenzioni                    di un mancato che si diverte a stupire.         Ma      adesso         che la mente                            è soggiogata,          stanca vola via,                   nell’ingorgo del lavandino sotto le mie dita,                non esistono variopinti                   universi di solitudine                            che dicono  
       star bene        star bene con se stessi                       e star bene con gli altri,
star bene con Occhigrigi,                      una farfalla in bianco e nero che d’un tratto                      vola via              dal fiore umido       perchè appassito, perchè ha smesso di stupirsi del profumo diverso                          che nasconde                   il puzzo della morte,                              il rigurgito della coscienza,                             che invece stupisce ancora e per questo grida,                            si dispera nella             solitudine incapace,         incapace                 di qualsiasi conforto,                quando cercare dentro significa            trascurare fuori, incapace di gioire         della solitudine perchè semplicemente                  è soltanto solitudine,                            niente da dire,                         niente da commentare, neanche Occhigrigi, bella         bambolina vezzosa.            Fiorellino esotico erotico. Fiorellino erotico e basta.                     Forse io ti amo,             perchè sei tu
la capacità di vivere faccende concrete,           pane e quotidianità,           vanità e dolci certezze.                      Ed io,                        non senti non senti il battito poetico                                 del mio cuore malato di vita......
Lascia che io recida lo stelo,                          lasciami il potere di avvizzire il tuo turgore,                                                           per aver bevuto la linfa, il segreto del tuo giocoso esistere.                            Lasciami scoprire, ubriaco di vita,                        che il tuo sacrificio        vale soltanto un giorno,            una notte, o nemmeno un minuto,                 e poi..........             verso altre vie                                  vite
analizzare, spremere         inquadrare                     studiare costruire omologare,
omologare        e codificare                                                   affinché tutti chiunque o nessuno                   capisca comprenda                  le mie parole le mie parole                                             le mie parole.
Guarda,                 guardami                                                  guardati
guarda
ciò che               vedo       vedi
è ciò che             vedi        vedo
soltanto                        un gioco per immagini                                 di parole.
Un attimo rima              adesso               che è già passato         tra un
 
attimo.
 
 
 
 
Un Racconto di Daniela Paola Aglione
“PRODUZIONE INEDITA”